Studio Santi

Boundaries

Ovvero là dove sfuma la città

Che cos’è una città?

E’ una concentrazione spaziale di edifici, persone, relazioni sociali, economie? Forse. Ma forse no, dal momento che città come Los Angeles di “concentrato” hanno ben poco. E’, come diceva Le Corbusier, “l’estensione sociale dell’abitazione”? Curioso, perché proprio i modelli urbani di stampo socialista-utopistico da lui proposti, di “sociale” avevano infine ben poco. Anzi, sono divenuti veicolo di alienazione e mortificazione della dignità del singolo, nonché modello per quel disastro modernista che oggi chiamiamo generic city.

Megalopoli


Proviamo allora il gioco degli opposti: cosa NON è una citta? Azzardiamo un’ipotesi: la campagna non è la città. Ne è, anzi, l’antitesi concettuale.  Anche in questo caso, però, il libero pensiero flagella ogni tipo di semplificazione, costringendoci a una retromarcia improvvisa: già all’inizio degli anni ’90, il geografo e sociologo urbano Terry McGee ci parla di Desakota Region in riferimento alle modificazioni dei contesti metropolitani nel sud-est asiatico. Questo concetto descrive, dapprima in riferimento al caso di Jakarta, un inedito modello urbano nel quale le distinzioni fra campagna e città sfocano sino a scomparire. Le metropoli asiatiche, infatti, estendendosi a macchia d’olio sul territorio, assumono la scala regionale inglobando le piccole realtà rurali e fondendosi con esse. Viste dal satellite, le Desakota Regions appaiono come un patchwork di tessuti che include campi agricoli, aree residenziali ad alta densità, aree industriali, foreste.

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Chiaramente siamo di fronte a una rivoluzione nell’idea di città, che porta all’eliminazione della consolidata dicotomia Campagna-vs-Città, a favore di un nuovo concetto che integra e sintetizza gli opposti.

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Senza necessità di muoverci nelle recondite, seppure terribilmente affascinati, lande dell’Asia tropicale, possiamo notare che queste mutazioni sono assai più comuni di quanto si creda anche nella situazione europea. Si prenda, con le dovute cautele, la Pianura Padana: tutto è un mix di infrastruttura, industria, agricoltura, piccoli centri devastati dallo sprawl di villette, città espanse e interconnesse. Milano è il centro nevralgico, la città dei servizi, ed è supportata da distretti produttivi (mobili, maglieria, calza...) sparsi a grappolo per la regione. L’agricoltura, settore in forte riscoperta, è, di fatto, solo una componente di quel paesaggio complesso che chiamiamo megalopolis, magaregion, città diffusa. E non si tratta soltanto di trasformazioni spaziali, ma di una lenta e inesorabile mutazione nelle relazioni interpersonali: la società è soggetta a repentini salti di scala, ove nel giro di pochi secondi si oscilla schizofrenicamente dalla bottega di paese al mall dell’aeroporto, dal dialetto all’inglese (o al cinese), dall’infinito all’infinitesimale, dal locale al globale.


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Stefano Santi, architetto e pittore, ha realizzato un ciclo di opere pittoriche dedicato agli spazi urbani marginali, dal titolo: Boundaries. Ai margini dell'urbano, ai limiti del figurativo. 

Il catalogo, edito da Gattogrigio editore, presenta un saggio di Leoardo Tonini e uno di Vittorio Bustaffa.

Alcune delle opere pittoriche sono presentate in questo articolo. Per maggiori informazioni: stefanosantiart.com