Luca Pinelli racconta Villa Solidea
Di Jacopo Micillo
Luca, qual era la tua idea di casa quando hai deciso di intraprendere il progetto?
Ho da subito voluto una casa minimale. Da sempre adoro Mies van der Rohe, e ho voluto comunicare questa mia passione a Stefano Santi. Volevo anche che la mia casa mi desse l’idea di essere all’aperto anche quando mi fossi trovato all’interno. La pianura padana è una zona in cui la stagione autunno-invernale dura dai sei ai nove mesi. E quindi la zona esterna delle abitazioni, soprattutto il giardino, è spesso poco sfruttata, o addirittura esiste a scopo puramente ornamentale. Io invece volevo vivere l’esterno. Volevo che l’interno e l’esterno della mia casa fossero una cosa sola.
Come avete affrontato questa fusione con l’esterno, in un’area al confine di paesaggio rurale, zona residenziale e zona industriale?
L’idea dello Studio Santi è stata geniale. Gli architetti hanno capito subito che la parte di casa che affaccia sulla lottizzazione dovesse essere quella più schermata – infatti, tutte le finestre da quel lato si affacciano sul cortile privato della casa. Mentre dall’altro lato tutte le aperture guardano sulla campagna. Dalla strada residenziale la casa appare priva di finestre. Tradizionalmente il fronte della casa è rivolto verso la strada, mentre casa mia ha una filosofia contraria. Che però funziona, infatti dall’interno godo di completa privacy rispetto alla lottizzazione, ma beneficio di grandissime vetrate con vista sulla campagna. Questa situazione di orientamento è fondamentale per realizzare il rapporto interno-esterno di cui parlavo prima.
Dunque all’interno c’è un forte contatto con il paesaggio. E gli spazi esterni?
Sono pensati come parte integrante degli ambienti della casa. Quest’idea è stata sviluppata partendo da una mia esigenza abitativa. Volevo che la mia stanza privata si trovasse al piano superiore, mentre tutto il resto rimanesse al piano terra. L’idea era quindi quella di avere una “zona protetta” al piano primo, che potessi utilizzare in caso avessi voluto ritirarmi, anche in presenza di ospiti. E una seconda zona notte a piano terra, separata dalla zona giorno. Capendo queste mie esigenze, Stefano ha deciso di sviluppare la casa a padiglioni: l’area servizi in un luogo, la zona giorno in un altro, e la zona notte del piano terra concepita in un altro modo ancora, con l’integrazione del cancellino della piscina. In mezzo a questi padiglioni, gli esterni sono come stanze a cielo aperto, che possono essere facilmente vissute e anche ospitare eventi, come il cortile d’ingresso o la zona piscina. Tutto questo è nato dalla capacità progettuale di Stefano.
Si tende a pensare che gli spazi moderni siano freddi e privi di quel calore che una casa deve trasmettere. Villa Solidea, però, è diversa…
Il calore è una sensazione soggettiva, ma siamo stati molto attenti a non farlo mancare nella mia casa. Anche chi entra per la prima volta in questa casa, riconosce immediatamente quella dimensione di calore domestico. Il legno, la luce, tutto contribuisce a rendere gli spazi accoglienti e vivibili. Se la mia casa non mi trasmettesse questa sensazione, non riuscirei ad abitarci.
Come hai scelto la posizione della tua
casa?
Sono nato a Castel Goffredo, e ci tenevo a tornare nel mio luogo di nascita. Qui si trovano anche la mia famiglia e il mio lavoro. Inoltre amo molto il silenzio e la tranquillità, e ho scelto quindi l’ultimo lotto residenziale di quell’area, che affaccia sulla campagna. Non rinuncio né alla comodità logistica, perché da casa mia, in due pedalate sono in centro, né alla privacy e al silenzio della vita in campagna.
Ad ogni modo, progettare e costruire una casa complessa come Villa Solidea, è stata una bella sfida. E’ stato un percorso di trasformazione di un’idea in realtà. Un processo basato su un dialogo continuo. Com’è andata fra te e il progettista?
Sarei pronto per affrontare un'altra costruzione! (ride) Non per abitarci, però. Per quello resto fedele a Villa Solidea. Il rapporto fra me e Stefano è stato fondamentale. Noi committenti partiamo con l’idea della casa già completa, che il progettista deve saper interpretare. Deve rendere concreta l’immaginazione del committente. Spesso, inoltre, il committente ha un’idea estetica falsata da quello che vede in giro, sulle riviste o in televisione. In quel caso, il progettista deve valutare quanto la realizzazione pensata dal committente sia efficace. Comunque, io credo che, se si vuole che le idee si realizzino al meglio, bisogna sapersi fidare. La mia casa ne è un esempio. Io ho posto molta attenzione agli spazi interni, mentre l’aspetto architettonico dell’esterno, il bianco, la materialità, la forma delle aperture ecc., deriva da un’idea di Stefano che io ho accolto. Inizialmente non la capivo fino in fondo, e quindi non ero convinto. Ma mi sono fidato, ed è stata davvero la scelta giusta.
Infatti, quando si costruisce la propria abitazione, uno dei maggiori timori è rimanere delusi dal prodotto finito. Come hai gestito questo timore?
Le simulazioni tridimensionali, i tour virtuali e i video forniti dallo studio sono stati vitali. Il progetto è stato curato moltissimo. Prima di depositare la pratica in comune abbiamo lavorato… sei mesi, utilizzando tutte queste tecnologie. Ogni stanza è stata studiata nei minimi dettagli, cercando anche di simulare tutti quei gesti di vita quotidiana che accadono in una casa, affinché gli spazi si adattassero al meglio a essi.
E poi c’è stato il cantiere… Momento cruciale: un’enorme quantità di imprese che lavorano contemporaneamente sulla stessa area. Ti ricordi?
Vero. Però lo Studio Santi l’ha gestita molto bene, considerando anche che io, come committente, mettevo molta fretta. Lo Studio doveva coordinare la mia ansia di committente con tutti i vari artigiani che hanno collaborato in fase di cantiere. E’ stato importante decidere di lavorare con personale qualificato e competente. I problemi emergono sempre in un cantiere, soprattutto in una casa dalle linee pulitissime come la mia, dove i dettagli sono fondamentali. E’ importante avere al nostro fianco figure professionali capaci di affrontarli e risolverli.
C’è un episodio che ricordi con particolare emozione?
La posa della prima pietra, che ho voluto eseguire personalmente. Questo è un progetto di vita, che iniziai a pensare nel 2010, ma che abbiamo iniziato a costruire nel 2015. Arrivare quindi a inizio lavori è stato per me un momento molto importante. Ah, e poi c’è stato il primo bagno in piscina. Il cantiere non era concluso, ma io non stavo più nella pelle e avevo insistito perché la piscina fosse pronta ai primi di Giugno. Ho fatto il bagno con 18 gradi.
…e qualcosa che ti ha stupito a fine lavori?
L’esterno.
Anche perché, come ho detto prima, ho sempre curato di più l’interno – almeno
mentalmente. L’esterno, curato e rifinito in granito, COR-TEN e Marmo di Carrara
mi ha lasciato senza fiato, e ha dato una qualità incredibile alla
casa.
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