Ruralità e urbanità in mutamento
dello Studio Santi
Villa Solidea è una casa situata ai limiti di città e campagna, nella pianura mantovana. È, in realtà, molto più di questo: la sua spazialità complessa la rende un ibrido fra residenza, spazio eventi, spazio per la meditazione. Progettare e costruire Villa Solidea è stato un percorso intellettuale collettivo, passato attraverso il committente, i progettisti, e il territorio tutto, nell’ottica di una ridefinizione completa dei canoni etici ed estetici dell’abitare suburbano. Una domanda ha guidato l’indagine alla base di Villa Solidea: quali sono i caratteri costitutivi della residenza nell’epoca globale, calati in un contesto iper-locale? Questo dibattito ci ha portati a esplorare le stratificazioni storiche e culturali della Pianura Padana e a trasportarle nella realtà contemporanea, per elaborare condizioni spaziali inedite.
Villa Solidea trova la propria legittimazione spaziale e formale in una continua e paradossale sintesi di opposti. In particolare, l’edificio incarna tre dialettiche, mutualmente correlate: è una casa rurale con una marcata urbanità; è un’architettura astratta legata a una tradizione edificatoria fortemente concreta; è uno spazio altamente privato e, al contempo, meravigliosamente pubblico.
Villa Solidea nasce attraverso una lettura molto attenta del territorio e dei fenomeni sociali che lo caratterizzano. Castel Goffredo fa parte di un paesaggio complesso, sostenuto da un’economia agricola e industriale in un ambiente costruito rarefatto in quanto lontano dai poli urbani. Il territorio padano contemporaneo è costituito da una somma di piccole realtà, le cui specificità storiche e culturali sono state lentamente livellate. Nel secondo dopoguerra, Castel Goffredo è diventato il polo produttivo della calza - uno dei tanti cluster industriali lombardi che supportano l’industria della moda di Milano. L’economia contemporanea provoca flussi di beni, capitali, cultura, dalle città alle realtà industriali di provincia. La recente crisi finanziaria ha accentuato la de-urbanizzazione favorendo il pendolarismo, le migrazioni, e conseguentemente espandendo la condizione urbana a tutte le province lombarde. La Pianura si è così trasformata in un unico grande sistema urbano, ove si sovrappongono agricoltura, centri abitati, industria, infrastruttura.
In questo contesto geografico e sociale si sviluppa il progetto di Villa Solidea. L’area che ospita l’edificio incarna pienamente queste categorie: a sud il centro abitato, a est un insediamento industriale, a nord i campi. In questa situazione di limite, l’architettura di Villa Solidea opera in maniera reattiva, assorbendo gli input somministrati dal paesaggio e facendone il fulcro della propria legittimazione formale. A sud, verso la città, la villa reagisce in maniera urbana. Una piazza introduce all’abitazione, accogliendo il visitatore. Un sistema di muri bianchi e volumi astratti, privi di aperture, schermano la vista dell’interno. Chi entra in Villa Solidea, vi accede gradualmente. Dopo aver attraversato la grande piazza d’ingresso, si attende l’apertura del cancello sotto una pensilina, che accompagna fino all’ingresso finale nell’edificio. Superato il cancello d’ingresso, ci si trova nel cortile centrale della casa. Il cortile è una tipologia spaziale familiare alla tradizione residenziale italiana: in epoca romana, l’impluvium era il cuore della domus, attorno al quale si organizzavano le attività domestiche. Nel cortile di Villa Solidea ci si trova ancora all’esterno, il mandorlo lo dichiara con forza, ma si è, di fatto, già all’interno dell’architettura. Ora però non si è circondati da muri di cemento. Una grande vetrata – anzi, una serra- introduce la vista della zona giorno. Si resta immobili, ma per poco. La pensilina è ancora sopra la testa, e invita, con fermezza e grazia, a raggiungere lo spazio d’ingresso. Non appena si entra, ci si rende conto che il lato nord risponde a regole completamente diverse. La grande vetrata doppia del lato sud, schermata dal muro del patio, non è più possibile. Si nota invece una sequenza di aperture studiate sulle viste dalla campagna. Ecco il fronte rurale dell’edificio. E questo apre la strada a una seconda, importante tensione dialettica.
Se si guarda dai campi, è tutto chiaro: la geometria del tetto a falda, le aperture scavate in muri massicci, l’alternanza di pieni e vuoti, raccontano come Villa Solidea sul fronte nord sia, in fondo, l’astrazione contemporanea di una cascina antica.
L’agricoltura intensiva, l’industria diffusa e il mercato immobiliare hanno portato a una graduale perdita dell’identità storica della Pianura Padana. Per distinguersi da questo contesto generico si è voluto, per una volta, guardare alla tradizione e legarsi a quelle tracce della cultura collettiva che permangono sporadiche sul territorio. Cioè la modernità di Villa Solidea sta proprio nel suo sguardo verso la tradizione. L’operazione risulta estremamente limpida: lo stile internazionale, il ‘Modernismo’, è calato nel territorio Padano e risponde alla storia delle tipologie costruttive del luogo. Il contemporaneo si inserisce sui solchi del passato. Il globale si fonde con il locale.
Non è solo un processo di forma: il concetto Villa Solidea è assai più dirompente di quanto appaia in superficie. Siamo di fronte alla materializzazione spaziale di un processo sociale incontrovertibile. Sono le persone del luogo che hanno costruito relazioni a grande scala, portando una cultura e un’estetica nuove in questo ambiente. È, in fondo, la stessa Solidea che, attraverso la sua rete imprenditoriale, ha voluto raccogliere cultura globale e portarla nel territorio agricolo di Castel Goffredo. E questo processo è straordinario.
Villa Solidea è architettura contemporanea a tutti gli effetti. Riflette le esigenze di vita dell’Uomo d’oggi. La pianta è fatta di percorsi fluidi e gli spazi aperti e luminosi. Le vetrate a tutta altezza permettono l’uscita all’esterno da ogni sala, garantendo una costante permeabilità dell’involucro edilizio. Spazi ibridi fra interno ed esterno caratterizzano tutto l’edificio: il patio, grandi pensiline, lo spazio della piscina chiuso su due lati, eliminano le soluzioni di continuità fra dentro e fuori. Questa condizione di iper-modernità opera senza violentare il territorio, ma introducendosi delicatamente nella campagna e stabilendo una serie di relazioni con le preesistenze. I muri spessi della casa si plasmano sulle viste dell’intorno. Dialogano con i massicci muri in mattoni delle vecchie cascine a nord. Ne sono la proiezione contemporanea. La massima tensione è raggiunta sulla vetrata d’angolo della stanza da letto, la cui piega costituisce un elemento poetico espressivo. Il tetto del volume orientato verso campagna emerge con la sua falda trapezoidale che stupisce e disorienta. E fra la nuova Villa e le vecchie costruzioni rurali si tende un legame invisibile ma indissolubile, che attraversa le pieghe della storia e ridefinisce il modo di concepire la tipologia della villa contemporanea.
Villa Solidea presenta un’ulteriore duplice personalità: è uno spazio privato con una forte vocazione pubblica. Villa Solidea è pensata come casa, ma con l’ambiziosa missione di aggregare persone e scambiare idee. Il fronte sud, verso il centro abitato, è completamente privo di aperture che possano disvelare la vita all’interno dell’edificio. La Villa si apre con grandi vetrate esclusivamente verso la campagna, ove l’assenza di edifici abitati permette di godere della vista in piena privacy. All’occorrenza, tuttavia, Villa Solidea è pronta ad aprirsi al pubblico e diventare spazio per feste, esposizioni, performances. L’ingresso stesso alla casa avviene attraverso una piazza, paradigma storico dello spazio pubblico, e può ospitare eventi e mostre aperti alla collettività. Questa spazialità d’ingresso ha una significazione molto forte e attribuisce alla Villa un aspetto civico. Oltre all’ingresso principale all’abitazione, la piazza ospita un ingresso secondario che conduce direttamente all’area eventi, con la piscina.
La transizione verso il dominio privato avviene attraverso l’elemento ligneo della scala. La prima rampa è un pesante volume in legno massiccio. La seconda è una leggera lingua che si staglia nel vuoto e connette al piano superiore. Il piano superiore è un micromondo privato, definito dai profondi tagli di vetro e luce apportati nei muri, dal camino, dal bagno che si fonde con la stanza da letto, dalle pieghe plastiche delle geometrie del tetto. Anche l’uomo più estroverso, si sa, ha bisogno del proprio eremo.
L’architettura non è un fatto meramente fisico, un aggregato di muri, solai, finestre. Costruire è soprattutto un fenomeno culturale, subalterno a un apparato di leggi estetiche, elucubrazioni logiche, filosofie, modi di vivere. Villa Solidea, in questo senso, documenta le trasformazioni della Pianura Padana e dell’Italia in genere. E questo concetto, prima ancora dei progettisti, lo ha capito la committenza, la cui lungimiranza ha permesso la presenza di un edificio tanto raffinato in un contesto dove la cultura del costruire risulta spesso depressa. E se qualcosa sta cambiando, è anche perché questo edificio collabora a migliorare il paesaggio e a influenzare la cultura collettiva. Per questo abbiamo motivo credere che Villa Solidea, per quanto già magnifica oggi, genererà sul paesaggio conseguenze visibili solo nel prossimo futuro.
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